Ricchi e poveri, anche d’informazioni

Inequality
Fonte: http://www.oecd.org/dataoecd/32/20/47723414.pdf

 

Quando gli storici del futuro studieranno le cause dominanti sulla società intorno al 2000, osserveranno che l’economia era al centro della nostra vita. Così come intorno all’anno 1000 tutto o quasi era governato dalla magia.

Anche l’ottimo report appena pubblicato dall’OECD dal titolo "Growing income inequality in OECD countries" sarà un materiale per capire perché oggi non siamo capaci di ridurre le tremende disuguaglianze, che sono addirittura in aumento. Al momento il reddito medio del 10% più ricco della popolazione è nove volte superiore rispetto al 10% più povero. E parliamo solo del reddito; se si considera in aggiunta il patrimonio accumulato per eredità, il divario diventa spaventoso.

Il premio Nobel Joseph Stiglitz sostiene che al crescere delle disuguaglianze il denaro va verso coloro (già ricchissimi) che non lo possono spendere tutto, come invece farebbero i poveri e le classi medie. Allora lo investono in attività finanziare e questo significa mettere il capitale al lavoro piuttosto che le persone. Da qui uno dei motivi alla base della disoccupazione e dei continui squilibri. È il capitalismo che porta con sé questi difetti fin dalla sua origine.

C'è stata quindi nel tempo una lunga accumulazione di disuguaglianze che, correlate con la crescente corruzione, a loro volta hanno generato una mancanza di meritocrazia. La filantropia e il mecenatismo sono solo dei piccoli strumenti che hanno una portata molto limitata, come dei secchielli per svuotare quest’oceano di povertà. Finora ogni previsione e azione per colmare questo divario è fallita.

Nel report si descrivono i ruoli dei differenti fattori, per esempio la politica fiscale, i salari e la loro redistribuzione, i cambiamenti tecnologici, gli investimenti esteri, ma non c’è un’indagine sul tema delle informazioni.

È l’asimmetria delle informazioni (più le ricchezze ereditate) che contribuisce a perpetuare lo squilibrio del potere.

L’indice ideale di correlazione tra le diverse ricchezze (d’origine e proprie) dovrebbe essere prossima allo zero, cioè il talento dovrebbe più o meno distribuito su tutte le classi sociali. Invece sappiamo che così non è, anche per le influenze dell’ambiente sociale e culturale e dal tipo di relazioni, istruzione e esperienze che una persona coltiva nella sua vita.

Per fortuna con la rete è emersa un’economia più orizzontale, sostenuta e realizzata da milioni di persone che mettono a disposizione la loro conoscenza e intelligenza a portata di chi ha l’accesso alle informazioni. In altre parole, assume un peso enorme l’informazione e come questa viene scambiata.

Per tenere al riparo le informazioni associate al potere si alzano muri, ma questi sono sempre più sottoposti agli "attacchi di trasparenza" che la rete promuove da sempre. Wikileaks è solo il primo e più famoso trapano che tenta di forare il muro dell'asimmetria tra le parti. L'ultimo strumento, in ordine di tempo, è promosso dal Wall Street Journal con l'iniziativa Safehouse.

Ora, se avrà successo questo nuovo momento di discontinuità creato dalle persone in rete che si scambiano informazioni in modo più paritario, vuol dire che -almeno e soltanto da questo punto di vista- non è un’utopia credere che il debordare del capitalismo possa ridursi e rientrare così nell’alveo del suo percorso originario.

Magari un giorno gli studiosi confermeranno che siamo stati plagiati dalla cattiva e asimmetrica informazione. E la chiave che ha colmato questo divario è stata la rete.

  • giuseppe |

    Prima della rivoluzione francese, l’abate Sieyès, e, nella metà del ‘600, Hobbes con il Leviatano, iniziarano a teorizzare i controlli e i limiti al Potere. Nel tempo ne sono seguiti a frotte.
    Un’oligarchia sempre ristretta ha dominato e la maggioranza, ogni tanto nei secoli, ha cercato regole, teorie per “bilanciare” il potere. Oggi abbiamo maggioranze afone.

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