L’informazione, tra il vecchio vizio e i nuovi antidoti digitali

“Once we have surrendered our senses and nervous systems 

to the private manipulation of those who would try to benefit 

 by taking a lease on our eyes and ears and nerves, 

 we don’t really have any rights left”.

 Marshall McLuhan

Quello che un tempo sapevamo dipendeva molto dai media di massa: erano queste fonti a decidere quante e quali informazioni fornirci. Gli strumenti erano i giornali e la televisione.

Per fortuna negli stessi anni alcuni scienziati stavano inventando nei laboratori della Xerox una tecnologia che un giorno sarebbe stata usata da tutti: un sistema operativo basato su icone. Il più lesto a copiare l’idea fu Steve Jobs, e la Apple creò il Mac. La bellezza del design è iniziata con il Mac, poi si è diffusa su tutti gli altri prodotti, diventati essi stessi icone. L’iPod è stata la chiave per la diffusione dell’iTunes, l’iPhone delle app con l’Apple store. 

Il più dotato di senso degli affari fu Bill Gates che copiò il Mac “migliorandolo”, non in termini tecnici ma nel senso che lo slegò dal rigido controllo che Apple aveva sull’hardware. Infatti, per gentile concessione (o follia, chiamatela come preferite) dell’IBM dell’epoca, sfruttò lo standard PC-IBM compatibile per far girare il sistema operativo Windows ovunque. 

Oggi Apple con l’iPad domina nel mercato digitale, intermediando tra i produttori e i lettori. Da qui è nato il monopsonio, cioè quasi tutti gli editori si genuflettono alle politiche dell'unico compratore, l'Apple, che trattiene il 30% delle vendite. Non finisce qui: ha il controllo dei lettori e conosce il numero di carta di credito, senza dar alcuna visibilità all’autore del contenuto. 

È una ferrea applicazione della legge per chi opera su internet: sfruttare l’effetto rete per arrivare al lock-in. In figura ci sono le fondamenta, la tecnologia e il design, sul quale si costruisce il giardino che poi è subito recintato (il walled garden).

Cancello3

Il lock-in può esistere quando c'è una superiorità evidente della soluzione. Se questa è ottenuta con metodi legali, cioè senza impedire ai concorrenti di competere, non c’è nulla di male.

Per i consumatori si rivela talvolta come un frutto avvelenato. Prendiamo ad esempio il caso dell’informazione chiusa dentro i social networks: essi hanno alte barriere in uscita e migrare da un social network a un altro comporta la perdita di tutte le relazioni (deboli e forti) con la comunità d’appartenenza. Il profilo che nel tempo abbiamo creato appartiene all’azienda, non a noi. 

Questa è un’aberrazione che sarà cancellata; appena ne prenderemo coscienza ci libereremo dal controllo, questa volta non delle fonti, ma dell’intermediario. Ancora una volta con l’aiuto della tecnologia.

Twitter: @massimochi