Gli ingredienti per una stagione di crescita

 
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Perché in alcune
fasi, che in seguito definiamo “storiche”, nei popoli sembra scattare una molla
che li fa progredire in poco tempo?
 

L’Italia degli
anni ’60 è un caso da manuale. 
Perché è successo
allora? Non certo perché le ore lavorate per persona erano più di oggi (basti pensare al lavoro in mobilità) e
nemmeno perché si studiava di più. Sommessamente, possiamo dire che l
a ragione che ha
scatenato questo processo, prima delle statistiche sulla produttività o d’industrializzazione,
era la fiducia che con il lavoro il domani, rispetto al passato, sarebbe stato
sicuramente migliore.

Se condividete
l’ipotesi, allora sorge la domanda: perché in quei momenti è accaduto e adesso
non succede più? 
La risposta è tutta
nelle aspettative.

Se le persone
credono che il lavoro sarà riconosciuto, agiscono, si trasferiscono, e fanno in
modo che tutto ciò in effetti accadrà. 
Per far crescere
un Paese non c’è bisogno di dibattere se è meglio un’idea di sinistra o di
destra, o di capitalismo contro lo statalismo,
 ma come si promuove l’equilibrio tra merito e collaborazione.

È la promozione di
questi due incentivi che garantisce la ricchezza delle nazioni. È riconoscere il merito a chi è capace, ha voglia di studiare per progredire e
fare. 
Merito e
collaborazione sono gli ingredienti di una ricetta necessaria per l'Italia: la fiducia; in
se stessi e nel riconoscimento degli altri e per gli altri. Ossia per
l’individuo e per l
o spirito di
collaborazione nel lavorare insieme, con i diversi talenti, e non lasciare
indietro nessuno. (È meglio usare il termine
collaborazione e non solidarietà, perché quest'ultimo è più asimmetrico, ci si
aspetta da altri l'aiuto senza aver modo di partecipare.)
 

Non c’entrano astrazioni
come destra o sinistra dalle quali dobbiamo allontanarci. 
Se ogni singola
persona vuole differenziarsi tra ciò che era e ciò che sarà, glielo si dovrà
riconoscere, solo così l’intera società migliora. E cresce.

L’Italia uscirà
dalla crisi quando avremo veri “investitori”, cioè quelli che investono, costruiscono
infrastrutture nei momenti di crisi perché credono che saranno ripagati. Quando?
Dipende solo dalla loro numerosità.

Votiamo i
politici, ma aiutiamo concretamente a riconoscere il merito
in primis a
tali imprenditori. 
Come
ha appena detto Barack Obama,
“The
role of citizens in our democracy does not end with your vote.” 

Twitter: @massimochi