Sei pagato di più quando non pensi

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Nell’era della conoscenza la tragedia capitale è avere così tante persone demotivate nello svolgere le proprie mansioni. Uno studio della Gallup calcola che in Italia solo il 14% della forza lavoro è “engaged”.

Fa riflettere: siamo pagati molto più quando pensiamo ad altro rispetto a quando siamo focalizzati sulla nostra mansione.

È stato sempre così? Forse, ma oggi è peggio, perché prima l’attività era più manuale, ora il lavoro è cognitivo e soprattutto ad alta intensità di comunicazione con altre persone. Pensiamo alle potenzialità nelle mani di ogni lavoratore, quanta potenza computazionale disponiamo e quante possibilità di comunicazione? Immense, eppure non vediamo l’ora di finire di lavorare per “lavorare” su altro. E come vediamo dalla grafica abbiamo grandi difficoltà nel comunicare all’interno dell’impresa, preferiamo farlo con l’esterno. Nel frattempo l’attenzione è continuamente interrotta. Guardate questo video TED “Why work doesn’t happen at work” per comprendere la qualità del lavoro negli uffici moderni.

Per questo motivo anche aumentare l’orario di lavoro non farà aumentare la produttività, in quanto le persone appena possono si metteranno in contatto con altri, basta uno smartphone. Peter Drucker diceva che la conoscenza se non sfidata e non alimentata è destinata a deperirsi in fretta. E il livello dello stipendio c’entra fino a un certo punto, poiché non soddisfa la motivazione di chi intende lavorare mettendoci del suo. Una soluzione, non economica, ma politica deve essere trovata. Il telelavoro, ad esempio, può essere uno strumento per migliorare la motivazione di chi lavora, altrimenti tutte le pressioni per migliorarsi sono vane.

Non saper coinvolgere un team di persone verso obiettivi condivisi, raggiungibili e ricompensati meritocraticamente è un fallimento da imputarsi prima di tutto al management. Dato che per definizione ognuno ha un’intelligenza unica, comprendere le peculiarità di un lavoratore è una grande responsabilità, dare importanza alle sue opinioni è doveroso. La motivazione di ognuno è la causa primaria della prestazione. Quindi i successi del business sono una conseguenza che autoalimenta una buona gestione aziendale.

Non si può più lasciare al cartellino orologio la misura del lavoro svolto, come ancora si vede richiedere la presenza fisica del lavoratore. Non serve più. Vedere migliaia di giovani fare file chilometriche ai concorsi per pochi posti da amministrativi nella pubblica amministrazione fa male al cuore. Perché pur di prendere uno stipendio (ancora sicuro?) si lasciano controllare il loro tempo dalle 08.00 alle 17.00. È il tema del #lavorobenfatto, così caro ai sociologi del lavoro come Vincenzo Moretti.

Come può un Millennian, cioè coloro che sono nati dal ‘80 al 2000, così legati alla tecnologia e all’autonomia avere la motivazione con metodi di inizio Novecento? La noia, la perdita di senso su quello che serve davvero fare prevale fino a quando si fa il necessario per far “sembrare” importante il lavoro.

Questo è grave perché se le persone non lavorano al loro meglio vuol dire che abbreviano il tempo in cui saranno rimpiazzate dalle macchine, anche se oggi sono oberati dal lavoro. Senza considerare l’impatto negativo sulla soddisfazione dei clienti e la profittabilità dell’impresa. Anche queste sono le ragioni per le quali un Paese non cresce, forse le più importanti.

Twitter: @massimochi