L’economia capitalistica si è mossa sempre tra la necessità di un profitto e la soddisfazione dei consumatori. Noi siamo nel mezzo cercando il nostro benessere che è dato dalla libertà nella scelta dei fini.
Dato che i fini in economia sono infiniti, le aziende creano ogni giorno nuove occasioni per soddisfarli; anche i consumatori s’industriano per raggiungerli.
Molto tempo fa per un’azienda bastava il cliente fedele, che ripeteva l’acquisto secondo i suoi tempi. Già da un po’ non è più sufficiente, non deve limitarsi solo all’acquisto ma deve promuovere, deve fare da megafono delle iniziative aziendali. Il “deve” non è una coercizione oggi ma un atto autonomo, spontaneo. In virtù della conoscenza del prodotto i clienti sono spinti a raccontare storie che lo descrivano. Non nelle caratteristiche tecniche, ma nell’esperienza d’uso.
Tutti noi che ci diamo molto da fare in rete produciamo lavoro, che alla fine serve per riempire i database di qualche azienda. Ci consola soltanto la (spesso vana) convinzione di ricevere in cambio briciole di reputazione. Lavoriamo in rete per altri e non siamo pagati, ma neanche paghiamo i motori di ricerca o i social network per usarli, pertanto non possiamo definirci consumatori classici.
Se non siamo i consumatori allora non possiamo che essere i prodotti. In particolar modo è la nostra attenzione manifestata con i “Like” o i “ReTweet” a essere rivenduta. Paghiamo con la nostra attenzione chi ha l’insight sui temi di nostro interesse.
Il profilo sociologico adatto corrisponde ai giovani consumatori, quelli che non resistono alla tentazione di possedere l’ultimo gadget. Sono chiamati nel gergo “early adopters” e a loro volta si comportano sia da target ideali del marketing sia da promotori di “social advertisement” in rete.
Tra i creatori e i consumatori (ruoli che possono invertirsi all’istante) ora ci sono per l’appunto i facilitatori, quelli che sono nel mezzo, pronti a promuovere il prodotto, e aumentarne la fiducia nei loro confronti. Alcuni hanno un grado di affidabilità superiore alla tradizionale pubblicità, che attira sempre meno.
Oggi l’azienda di successo è quella che “usa” i social network come i migliori alleati per promuovere i suoi prodotti. Se è anche capace di realizzarli, sarà davvero la prima ad aver incorporato le idee più innovative nei servizi offerti. E prenderà tutto il mercato, grazie all’effetto rete.
Sembra incredibile, ma anche produrre beni non basta più. Bisogna far seguire all’idea una quantità industriale di conoscenza da incorporare nel prodotto. Man mano che questo prodotto cresce è avvolto da uno strato immateriale: così ricco di senso estetico che si esprime attraverso il design e il valore d’uso.
Non compriamo più prodotti ma idee; l’informazione è il loro mezzo di trasporto.