Fonte: http://xisquare.com/pages/sub/33083/Information_Mining_Services.html
Dalla produzione all’estrazione dei dati.
Immettiamo dati grezzi in continuazione e in tutti gli angoli del web. Ciò vuol dire che stiamo costruendo miniere da cui Google -o qualsiasi altro motore di ricerca- estrae valore attraverso la raccolta e l’elaborazione dei dati, grazie ai suoi famosi algoritmi.
Dai dati all’informazione.
Più del dato abbiamo bisogno del suo indice, o meglio del metadato, ossia l’aggiunta delle informazioni per descrivere i dati estratti.
Sono queste le informazioni fornite da Google per mezzo dei risultati che ci mette a disposizione, anche a pagamento.
Grazie a tali meccanismi riusciamo a trovare l’informazione che ci interessa, che prima era difficile da individuare perché sepolta sotto altri dati.
È la cornucopia digitale, ossia l’abbondanza dei dati grezzi, che determina questa necessità di indicizzazione e filtraggio.
Dall’informazione alla conoscenza.
Carichiamo continuamente informazioni sulle persone o eventi su Facebook, che li associa (il filtro è rappresentato dalle persone e le loro preferenze) e li trasforma in conoscenza. Poi li rivende alle agenzie pubblicitarie.
Noi non siamo clienti di queste imprese, ma siamo i fornitori a titolo gratuito di materiale informativo che poi loro convertono nel nuovo oro.
Per mezzo di Facebook o dei social network in generale ci vengono segnalati continui avvisi su quello che ci interessa (la recensione di un libro, l’intervista di un attore, ecc.). Anche il business model di Amazon ha al suo centro un motore molto raffinato che elabora le scelte operate dagli altri, le cosiddette “raccomandazioni”.
Il carburante è appunto la raccomandazione, il “mi piace” degli altri. Noi spesso ci fidiamo di questa intermediazione che oggi sostanzia le reti sociali, di cui tutti gli utenti usufruiscono “gratuitamente”, nel senso che non pagano con il denaro. Ma le regole classiche dell’economia persistono anche nella rete e la risorsa più scarsa è l’attenzione delle persone. Quindi il nuovo valore si concentra sulla reputazione delle persone più fidate. Ci si riferisce all’economia delle preferenze che esprimono milioni di persone.
È un’economia “referenziata”, dove la fiducia è sia valore d’uso (per Google) sia di scambio (per Facebook). In ogni modo, i dati sono diventati il nuovo petrolio, le imprese li raffinano e il prodotto finale non ci appartiene più singolarmente, ma tutti insieme, pur cedendo i nostri dati, ne godiamo i benefici.
È allora probabile che le innovazioni del futuro arriveranno più da queste reti che da grandi aziende private, in altre parole più dalla partecipazione e collaborazione che non da ambienti chiusi.
Ottenere questo tipo d’informazioni avrà un valore immenso, quindi ci sarà da vigilare affinché tale filtro sia costantemente neutro o, in altre parole, che non sia influenzato e non agisca in funzione dell’autore o dei contenuti. Pertanto, oltre al ben noto problema riguardante i tentativi di indebolire il concetto di neutralità della rete, dobbiamo comprendere un’altra minaccia: il fatto che chi filtra decida chi e cosa filtrare.
I motori di ricerca sono come delle escavatrici che ci portano in superficie le risposte alle nostre domande. Quando ordinano i risultati devono fare delle scelte, pertanto non sono mai neutrali.
È un servizio offerto gratuitamente da privati. Non possiamo pretendere di conoscere le regole d’estrazione, ma dobbiamo avere la consapevolezza che il motore di ricerca potrebbe nasconderci -per sue finalità, anche non dichiarate- risultati di cui noi non immaginiamo nemmeno l’esistenza.