C’è stato un evento interessante a Montecitorio organizzato da CashlessWay. Il tema centrale: Bisogna regolamentare i Bitcoin?
In un mondo dove regna la piena fiducia non avremmo bisogno di regole per far valere le proprie ragioni. Purtroppo la realtà è differente, e dove c’è tanta sfiducia nell’altro trovare l’accordo sulle regole diventa difficile.
Nelle transazioni con i Bitcoin non è richiesta la fiducia dell’altro, ma quella degli altri che usano algoritmi matematici. Dopo tanto tempo si è risolto, dal punto di vista tecnico, il problema chiamato dei “Generali Bizantini”.
In sintesi (e con approssimazione) ci si riferisce a una storia relativa a Bisanzio che un tempo era una città ricchissima e molto ben difesa dai suoi abitanti. Le dieci città-stato intorno volevano attaccarla, ma ognuna da sola non avrebbe mai potuto farcela, occorreva unire le forze con le altre città per sferrare un attacco congiunto.
Qui sorgeva il problema: se un altro alleato tradiva il suo impegno la città avrebbe perso contro Bisanzio e nel contempo sarebbe stata così sguarnita da rendersi a sua volta attaccabile dai suoi pari.
L’unico mezzo di comunicazione era inviare un messaggero con proposta di attacco, però doveva raccogliere le adesioni degli alleati che a loro volta inviavano messaggeri con proposte alternative.
Come aver fiducia di una rete di partner, che potrebbero tradire, per una missione da condividere?
Oggi si può fare, con la tecnologia.
Bitcoin risolve questo problema aggiungendo un costo per l’invio di messaggi, e lo fa con un elemento di casualità che garantisce che solo un nodo alla volta, dopo aver risolto l’algoritmo, potrà essere in grado di trasmettere agli altri la soluzione. In questo modo gli altri nodi sono tutti sincronizzati. Il costo che si aggiunge è chiamato ‘proof of work‘.
Questo costo, in aggiunta al sigillo impresso dalla chiave privata, conferisce a tutti i partecipanti (dopo dieci minuti circa) la fiducia sull’accordo raggiunto. La fiducia è ripartita nella comunità che verifica le transazioni (ossia il mining). La ricompensa per il lavoro di mining è data in nuova produzione di bitcoin. Il mining regola l’offerta di moneta stabilita dal protocollo. La blockchain è lo strumento sul quale si sviluppano i servizi a cui tutti possono accedere (con fiducia).
Seguendo questa tecnica, non occorre un ente centrale per l’intermediazione. È la modalità tipica delle reti open source, è un meccanismo naturale che espelle i comportamenti scorretti, ma non lo può fare preventivamente, solo ex post; solo dopo che hanno commesso il fatto e i danni.
Una fiducia che il movimento delle informazioni tra un indirizzo e l’altro avviene con sicurezza data dalla trasparenza del protocollo che evidenzia i disonesti. E li estromette con il tempo (vedi il caso Mt. Gox).
Una volta che con questo metodo si è separata la moneta dal controllo della banca centrale ed essendo per sua natura internazionale, è più difficile regolamentarla.
Dopo questo breve excursus, torniamo alla domanda iniziale: ora che la fiducia è incorporata matematicamente nel sistema, perché regolamentarlo? E soprattutto, chi richiede tale regolamentazione?
Gli attori che possono spingere verso una legislazione non possono essere altro che:
– il governo, per motivi fiscali e di riciclaggio
– le aziende, per operare in un contesto sicuramente legale
– i consumatori, per protezioni contro le frodi.
Ogni soggetto ha diritto di operare in un contesto normativo di legalità, pertanto il parlamento ha il dovere di dichiarare come intende considerare in termini giuridici questa realtà. Alcuni Paesi la considerano una proprietà, altri una commodity, altra una valuta, etc.
Per questo motivo è probabile che una “tradizionale legge” non funzionerà, perché Bitcoin è tante cose (un protocollo, un linguaggio programmabile, una rete di computer, un registro delle transazioni globali). Essa è anche una valuta immateriale che segue logiche digitali, quindi ha dinamiche esponenziali (vedi legge di Moore, etc.) non lineari come siamo abituati a pensare la moneta, e le leggi.
Uno degli speaker dell’evento, Andrea Medri, il CFO di The Rocktrading, un exchange di Bitcoin che opera da Malta, vorrebbe fare business in Italia, per questo auspica non un copia&incolla da altri Paesi, ma una vera e propria “innovazione legislativa” su questo affascinante tema.
Twitter: @massimochi