Il grande
portone dell’ateneo sta crollando, di questi tempi si dice che si sta smaterializzando.
Non è una rivolta
studentesca, ma sarà un’opportunità per scalzare i baroni arroccati all’interno
del palazzo con privilegi ormai antistorici: le rette troppo alte da pagare, i fondi
statali sprecati, piccole isole di ottima ricerca in un mare si approfittatori,
il trucco di assumere professori a contratto, con bassi stipendi; tutto insieme
ha sia abbassato la qualità dell’insegnamento sia aumentato i costi. Tale inefficienza
un giorno o l’altro deve essere recuperata: ecco l’occasione con i MOOC.
I MOOC, Massive
Open Online Course, sono
un modo per offrire dei corsi via web a milioni di persone. Alcuni soggetti tra
i più affermati sono: Coursera, Khan Academy, Udacity, OCW e Oilproject in
Italia.
È un trend già intrapreso
dalle case discografiche, dalle redazioni dei giornali e da altri fornitori d’informazioni. Si rifiuta
sempre più il modello “one to many”, ossia il broadcast, che prevede di stare in uno stesso luogo fisico nello stesso momento,
quindi in sincrono. Il vecchio
modello ovviamente ha dei lati positivi, ma c’è la voglia di affrancarsi da
questa “istruzione di massa” per arrivare a una forma più personalizzata, dagli
esiti, si spera, migliori. Sia in termini di apprendimento, sia in costi e tassi d’abbandono.
C’è anche una
spinta demografica, in quanto sono sempre più i giovani che si iscrivono
all’università. Nelle grandi città le classi dei primi anni sono strapiene e la
qualità dell’insegnamento cala, e in quelle più piccole il
numero dei corsi prolifera a costi insostenibili.
Non sarà meglio
collegarsi a un’ottima università in remoto? Lì almeno c’è un livello
d’eccellenza, piuttosto che scegliere quella cittadina, che spesso è solo una
fonte di potere baronale. Del resto quando la laurea diventa così comune allora
il brand dell’ateneo diventa un bene posizionale, all'Università Bocconi per esempio.
Pur avendo
perso ogni speranza nell’ennesima riforma dell’istruzione, mai avremmo pensato
che per abbattere i baroni ci fosse stato bisogno della tecnologia. Il fenomeno MOOC non può fare a meno di
subentrare dove c’è una possibilità di recupero d’efficienza nel settore dell’istruzione,
un contesto che soffre della malattia dei costi espressa da William Baumol.
I difensori dello status quo
ostacolano l’insegnamento universitario online per l’assenza di contatto fisico.
È una critica fuori dalla realtà, perché non si rendono conto che i professori
sono considerati entità astratte, pur senza generalizzare. Oggi troppi professori spendono
molto tempo nei loro interessi e nelle consulenze “fuori” dall’ateneo. Pertanto si tratta di una difesa inaccettabile.
Gli studenti in
passato si spostavano nelle città più grandi per studiare, in seguito sono state istituite centinaia di piccole università tuttora inefficienti. Ora stiamo pensando di
sfruttare l’efficienza tecnologica, facendo ancora
un passo verso la formazione globalizzata.
Non
dovremmo però scambiare il MOOC con una modalità di fruizione low cost, poiché l’università
non è un costo per la collettività, ma il contrario.
Twitter: @massimochi
PS. Nel video si descrive Internet
come luogo di aggregazione per stabilire contatti, anche dopo aver passato ore
a studiare da soli.