Quando aumenta una differenza (spread) tra due valori vuol dire che una delle grandezze aumenta oppure l’altra diminuisce. Talvolta questi movimenti sono a effetto combinato, avvengono contemporaneamente.
Nella situazione in questione ci troviamo però in un’ulteriore e particolare interdipendenza: una cresce sulle spalle dell’altra. O meglio, una affossa l’altra.
L’Europa si riconosce nei valori morali che tengono insieme questa comunità e deve puntare a proteggere, in forma inclusiva, tutti i suoi cittadini.
In questi momenti di confusione, invece, emergono dal centro di quest’area le spinte centrifughe, l’interesse domestico. E lo abbiamo visto nelle disastrose titubanze prima di aiutare un altro piccolo paese periferico, la Grecia.
Molti Paesi dell’Europa meridionale vivono con l’acqua alla gola. Ancora un’increspatura e andranno sotto e, quando si inizierà a bere, sarà sempre più difficile risalire per chi porta da decenni la zavorra del debito.
Sempre lode e onore a chi sa produrre beni di qualità e nello stesso tempo è competitivo sui mercati internazionali. Tale competitività si esprime molto bene nelle esportazioni.
Però c’è da rilevare che prima dell’euro tale vantaggio era naturalmente controbilanciato da un apprezzamento della valuta nazionale, il Deutsche Mark. In altre parole le esportazioni diventavano sempre più care per chi desiderava acquistare la tecnologia tedesca, per il tasso di cambio via via più sfavorevole.
Ciò che è cambiato con l’euro è in prim’ordine un mercato interno europeo molto più vasto, ma questo vale per tutti. Per i paesi più orientati da sempre verso l’esportazione, gli effetti sul tasso di cambio sono di gran lunga sterilizzati. Cioè le loro esportazioni non influenzano concretamente la ragione di scambio dell’euro con le altre valute.
Conseguenze? Le aree periferiche dell’Europa, in particolare le aree mediterranee, soffrono questa situazione poiché avrebbero bisogno di soluzioni completamente opposte: tassi di interesse più bassi, politiche di sostegno più incisive (purtroppo dopo aver dilapidato un’enorme ricchezza).
Dobbiamo fare attenzione a non passare dalla parte della vittima. Abbiamo grandi colpe per lo stato comatoso delle economie periferiche. È il nostro comportamento che perpetua e amplia le differenze tra il nord ricco che tira dritto per la sua strada e il sud che stenta, ma qual è il senso comunitario se chi sta bene si libera dei legami (vendendo BTP italiani) con chi sta male?
Anche i ricchi stati americani, da soli, senza la protezione federale, starebbero molto peggio. Oggi si lamentano per l'abbassamento del rating, ma pensate cosa accadrebbe se fossero divisi in stati autonomi. Questa lezione ci fa capire che un avvicinamento di questi contrapposti interessi è possibile e necessario. Per tutti.