“Ogni oggetto assunto come mezzo di un fine diviene strumento. Lo strumento è inerente al rapporto sociale. Nella misura in cui io padroneggio lo strumento, conferisco al mondo un mio significato; nella misura in cui lo strumento mi domina, è la sua struttura che mi plasma e informa la rappresentazione che io ho di me stesso”. Così scriveva nel suo libro, Convivialità, il grande filosofo austriaco Ivan Illich.
In questi tempi accelerati, per i nativi digitali un attimo di latenza è ormai inaccettabile, e lo sono anche i tempi lunghi delle scene televisive, dei libri, dei giornali di carta, dei lungometraggi. Perfino la continuità è scambiata per monotonia. Viviamo il tempo della gratificazione immediata. Non posticipabile perché non possiamo “perdere tempo” in attesa della fine di un’opera che, anche se bella, deve essere veloce nelle sue conclusioni. In definitiva tutte queste forme d’espressione sembrano attraversare una crisi nel rapporto con i propri fruitori.
Il numero delle scene nei moderni videogame e videoclip è la cifra dell’accelerazione che stiamo vivendo.
La velocità s’impone contro ogni pensiero di lunga durata. Da qui la crisi dei libri e giornali a favore dei nuovi formati come ebook, Youtube e blog. Questi ultimi sembrano addirittura scavalcati da fenomeni come gli status update di Twitter. L’attenzione dura giusto il tempo di lettura dei 140 caratteri. Per tutte queste ragioni, lo scrittore statunitense Kevin Kelly afferma (nel suo ultimo lavoro "Quello che vuole la tecnologia") che l’immediatezza è davvero il bene scarso per eccellenza, pertanto è ricercato ed ha valore nel mercato.
Forse alla base del desiderio di bruciare tutto in fretta c’è il solo fine di consumare di più. Qualcosa ci ha indotto a comportarci così, e non può essere stato altro che tutto il tempo trascorso a guardare la pubblicità. La tempestività ha vinto sulla riflessione; una battuta sagace è letale sul ragionamento, anche se è fondato su fatti storici e studi empirici. Tutto soccombe davanti al presente.
Non si deve conferire sempre alla velocità una connotazione negativa. Questa è la realtà e anche se prima era un po’ più governabile, ora invece si fa fatica non solo a interpretarla ma perfino a vederla.
L'emoticon è diventato il mezzo di un fine: con due colpi di click si fanno faccine che esprimono addirittura il feeling dell'autore.
Senza (l'uso di) parole.