Come Ci Trova il Lavoro Oggi?

Sembra che lo cerchiamo, ma non è vero. È il lavoro che ci trova.
Nel luogo che vuole, con le capacità che richiede, alle condizioni economiche, politiche e sociali che trova conveniente. Noi siamo disposti a lavorare, ma oggi in rete siamo scelti, non siamo più noi a sceglierlo.

Questi sono cambiamenti importanti, una delle conseguenze è che siamo sempre più invisibili al lavoro. Perché -prima di noi- il lavoro avrà trovato: le macchine, robot o un software intelligente; oppure qualche più povero asiatico (oggi) o africano (domani). Del resto, se l’approvvigionamento di capitali è più conveniente e se la tecnologia costa sempre meno, allora si cerca di sostituire il lavoro umano dovunque sia possibile, tranne quello creativo o empatico, perché è (ancora) di nostra pertinenza.

Non siamo noi che formiamo il lavoro, ma è il lavoro che ci plasma.
C’era un tempo in cui all’assunzione partivano dei veri corsi di formazione; ora sono spariti: è il lavoro che –direttamente- ci istruisce.
È la dimostrazione di come si manifesta la nuova natura del lavoro: un altissimo uso di tecnologie che cambiano spesso; una forte densità di comunicazione tra le parti; non più stanziale ma sempre più mobile. È il lavoro che è preesistente, esso ci trova se siamo preparati; siamo noi che ci offriamo (in economia, in questo caso, la domanda è fatta dalle imprese, mentre l’offerta è fornita dai lavoratori).

In questa prospettiva, dove il lavoro predomina e decide, la disoccupazione è data da:
– Pochi lavori per troppe persone
– Poche persone che lavorano troppo
– Pochi che sanno fare la mansione richiesta.

Quando si dice che ci sono posizioni non occupate, per mancanza di lavoratori, è quasi sempre vero che il lavoro non trova persone con le richieste competenze, e soprattutto non è disposto a pagare certi stipendi, pur minimi, richiesti da dette persone. È la legge della domanda e dell’offerta, se ci sono così pochi lavori per molte persone è chiaro che questi pochi hanno il privilegio di scegliere tra i tanti lavoratori che si offrono.

La classe media sparisce, siamo in un sistema che va verso attività particolari, che cambiano in fretta e non richiede persone medie, ma talenti specializzati. Il pensiero va al dolore di chi è così scoraggiato che non cerca più lavoro, perché in fondo ha capito che proprio il lavoro non cercherà più lui in quanto quello che sa fare non serve più. Non capire più il mondo, perdere la forza per cambiare le proprie competenze, per farsi trovare pronto, è un problema drammatico, purtroppo per molte persone.

La rete, con i servizi creati appositamente tipo Linkedin, etc., da un lato allevia tale asimmetria e fa in modo che l’offerta di lavoro e la domanda si possano riavvicinare (è il lavoro che ci viene dalla rete di persone che conosciamo); dall’altro lato ci mette in competizione con tutti.
Jacopo ha scritto: cerco lavoro.
La rete risponde con link e segnalazioni di amici che “portano il lavoro” da lui. Prima era la persona che leggeva gli annunci, ora è un algoritmo che cerca la parola chiave. E non è la stessa cosa. È una conseguenza logica di anni passati ad inserire i nostri CV nei database online, così che adesso siamo all’interno di una matrice di dati. Quando ci sarà l’incrocio di domanda e offerta, un match, sarà il lavoro a cercarci, e si paleserà con una notifica sullo smartphone.

Quindi, qual è il primo compito del lavoro?
Sceglierci.
Se l’attività è codificata e senza imprevisti, siamo esecutori che devono essere più efficienti in tempo, costi e qualità dell’opera. In rete interessa sempre meno chi è il prestatore di questo tipo di lavoro e dove vive, la reciproca conoscenza svanisce, l’importante è il risultato. Non è auspicabile questo modo di vivere, ma il lavoro digitalizzato può essere frazionato: si prende l’input, si trasforma il prima possibile e lo si manda in output, seguendo le istruzioni.

Invece quando il lavoro ti conquista e ti coinvolge intellettualmente è una felicità, ti senti nobilitato, e speri che non ti lasci per strada. Perché nella maggior parte dei casi non è la persona che lo lascia, è il lavoro che se ne va a cercare altre persone online con prezzo/prestazione migliore (nella migliore ipotesi) o macchine (vedi il video).

Il lavoro ci lascerà e ci ritroverà, con un click.
Il famoso proverbio “è il lavoro che nobilita l’uomo”  sancisce chi, in ogni modo, giusto o sbagliato, è superiore all’altro.
È un proverbio antico che ha un grande futuro.

Twitter: @massimochi