Chiediamoci, chi ha contribuito a creare le grandi corporations in quest’ultimi anni? I consumer.
Sono loro che hanno creato Google, Amazon, Apple, Facebook, Twitter, etc. Prima le imprese dettavano l’agenda ai fornitori, perché esse erano i più grandi utilizzatori di tecnologie.
Oggi non più.
L’avvento degli smartphone e tablet impongono che l’innovazione ora parta dai consumatori, i quali hanno delle aspettative: vogliono l’interfaccia semplice, veloce e con le notifiche; si chiede all’impresa di supportarlo, e non più il contrario come quando un tempo ci si doveva adeguare all’infrastruttura esistente. Del resto il cloud è nato prima per il mobile e per i consumer, poi è stato adottato dalle imprese.
È un fatto che i Millennial, quelli nati con gli smartphone nelle loro mani, preferiscono sempre più avere a che fare con l’interfaccia web per servirsi con un self service, piuttosto che affrontare le liturgie e gli attriti delle relazioni fisiche. Il consumer ha a disposizione molta capacità di calcolo dentro lo smartphone, non vuol attendere mole di dati che arrivano dal server, il modello di User Interface è Facebook. Piaccia o non piaccia.
I servizi cloud che i dipendenti acquistano, spesso all’insaputa dell’IT manager, rispondono proprio al modello consumer.
Un’altra differenza: le imprese B2B devono profilare i loro clienti; i clienti infatti erano rappresentati dai survey che sollecitavano le loro opinioni. Con i consumer sono facilitati perché sono gli stessi utenti a profilarsi da soli e dare molte informazioni senza sollecitazione.
E poi, ma c’è bisogno ancora di andare in ufficio per dare valore al proprio lavoro e all’impresa?
Perché si devono comprare a proprie spese strumenti che servono a lavorare per gli altri (il BYOD, Bring your own device)?
Ammettendo l’acquisto di tasca propria, perché bisogna portarli in ufficio per lavorare?
Un tempo c’era la necessità di andare in ufficio e in fabbrica dove le macchine e i computer (molto costosi) erano disponibili e la comunicazione con esse molto scarsa. Oggi non più.
Le generazioni più giovani e capaci non vorrebbero andare in ufficio dalle 9 alle 18, e nemmeno sono adatti. Se ne stanno accorgendo e quando possono iniziano a rifiutare un posto di lavoro, ma cercano un lavoro. La vera risorsa scarsa sono le persone con un talento che serve all’impresa o a se stesse per mettersi in gioco. Non sono i posti di lavoro. E c’è una bella differenza.
C’è bisogno di scambi di informazioni e interazioni, tra chiunque, dovunque.
Un’altra differenza enorme che ha contribuito a far esplodere il fenomeno dei social.
A proposito dei social, possiamo dire che, almeno nei primi anni di diffusione, la stampa ha creato milioni di lettori, non di scrittori. La radio milioni di ascoltatori, non di deejay e lo stesso dicasi per la televisione. Con lo smartphone, invece, non è successo, perché la tecnologia ha insita all’interno una diffusione “da molti a molti”, non “da uno a tutti” come le precedenti.
Non si producono più prodotti, ma servizi, quindi vuol dire che il prodotto sono le persone. Le persone sono il messaggio, il brand.
Se l’economia occidentale si sposta dalla produzione di beni a servizi vuol dire che c’è bisogno di lavoratori che non devono lavorare alla macchina da soli. Il rischio (o l’opportunità, dipende dai punti di vista) cui si va incontro è che l’immateriale è suscettibile a cambiamenti più repentini rispetto ai vecchi beni fisici con capannoni e uffici.
Prima il lavoro era per lo più ripetitivo e predeterminato. La sequenza aveva un’unica direzione: dall’azienda al mercato al consumatore finale.
Ora è molto più creativo e soprattutto interattivo con gli altri colleghi, ma non solo, soprattutto con chi è all’esterno del perimetro aziendale.
Le statistiche dicono che troppi pochi giovani lavorano, e tra questi molti trovano la mansione noiosa, o poco interessante, e in ogni caso mal pagata. Nel momento in cui accadono tali cambiamenti (da prodotto a servizi immateriali) certi scarichi di responsabilità e costi (BYOD) sono un ulteriore passo verso l’allontanamento delle relazioni (gerarchiche) verticali, proprio mentre si rafforzano quelle orizzontali tra le persone. Care imprese, non conviene risparmiare su certi costi in questi momenti storici, il rischio è troppo grande.
Il BYOD potrebbe essere un boomerang.
Vale sempre ricordare il monito di Doug Conant, del Kellogg Executive Leadership Institute, che disse “To win in the marketplace you must first win in the workplace”.
Twitter: @massimochi