Anche la crescita può far male

E così tutti aspettiamo con ansia questo decreto salvifico, il cresci-Italia.

Bene, ma da cosa dipende la crescita?

Proviamo a spiegarla in sintesi attraverso la:

 - quantità (quanto lavoriamo, ossia la produttività)

 - qualità (come e su cosa lavoriamo).

Agire sulla quantità può essere facile anche se è di corto respiro e può far male a chi già consuma molto tempo della sua vita lavorando, come scrive Luca

Certo che un decreto non può far emergere di colpo la creatività delle persone; creare delle aspettative nelle famiglie per farle consumare di più; far diventare più produttive le industrie così da investire in Italia per conquistare mercati esteri. Né tantomeno può consentire ad uno Stato di recuperare in un lampo la credibilità.

Però possiamo provarci e ci sono due modi per stimolare la crescita, almeno per via legislativa:

Crescita1

Dobbiamo smettere di pensare che questo è un paese povero. E' vero però che se non cambiamo strada rischiamo un impoverimento collettivo. L'impoverimento è dovuto non solo alla perdità di competitività (per il peso fiscale, burocratico e previdenziale) ma anche all'incapacità di affrontare questo momento con nuove idee.

Pertanto, l'impoverimento prima che economico è sempre culturale.

Se non prendiamo le decisioni giuste, non ci sarà più un dibattito per l’età della pensione, poiché semplicemente i conti pubblici, dato l’andamento demografico, non saranno sostenibili.

Speriamo che il governo in carica consideri che la natura della nostra economia (sempre più con imprese della conoscenza e meno produzione di massa) richiede di farci lavorare meglio, non solo di più. 

Quindi, tra il facile che si può fare ora e il difficile che richiede tempo, cosa sceglieranno i nostri?


Twitter: @massimochi

  • Mauro La Pietra |

    Caro Massimo, come non darti ragione, ma devi
    tener conto anche dei danni causati da quello
    che viene comunemente indicato come il “berlusconismo”. L’impoverimento culturale era già cominciato alla fine degli anni ottanta, poi sull’orizzonte italiano è comparso il “biscione” e niente è stato come prima. Lavorare meno affinché lavorino tutti è un vecchio slogan che non ha mai attecchito, anche in considerazione che in Italia le capacità individuali, spesso sono mortificate e non richieste.
    Mauro

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