La vera premiazione è orizzontale

Non vogliamo dedicare tempo per leggere, ma dobbiamo sapere perché così è imposto dalle politiche aziendali. Tutti desiderano avere le informazioni in mente per poi poterne prenderne alla bisogna, quando cioè dobbiamo utilizzarle per elaborare un’idea. Ma se abbiamo letto per imposizione o troppo velocemente per soddisfare i criteri caduti dall’alto, cosa ci resterà?

C’è una conoscenza che può essere codificata e trascritta nei libri, come quella classica e scientifica. Ma c’è anche una conoscenza “tacita” che non può essere trasmessa in forma scritta, questa si può imparare nel vedere e nello stare accanto agli altri, quindi non individuale ma più sociale. È quella che s’impara quasi inconsapevolmente più con l’osservazione che con i corsi formali dentro la intranet aziendale. Gli strumenti ci sono tutti: Youtube e i motori di ricerca sono costruiti per far condividere ciò che si vuol mettere a disposizione degli altri. La reputazione parte da qui, da chi impara, si aggiorna, ci mette del suo (insight) e condivide. 

Tutto ciò sta avvenendo anche nelle aziende, a prescindere dalla volontà del management. Qualcuno cerca di aumentare la sua dote di conoscenza –e la produttività- in modo autonomo. E sono sempre più riconosciuti da clienti e colleghi. Essi dovrebbero essere i più premiati, incentivati e assurti come modello per gli altri, poiché usano nuove tecnologie e nuovi metodi da soli, senza il comando dall’alto. Chi non lo comprende rischia un conflitto non inter-generazionale ma intra-aziendale, perciò bisogna fare di tutto per evitarlo. 

In questi tempi così bui per l’occupazione almeno una cosa è chiara: la strada per la sicurezza non è più data dal posto di lavoro “sicuro” ma dalla conoscenza e dalla reputazione personale; da cui deriva quella economica personale, e nel contempo aziendale.

E allora c’è da rinnovare anche la “misurazione” con le metriche del passato e far emergere spontaneamente la contribuzione e la partecipazione alle idee, senza però prima obbligare, poi misurare e punire chi non lo fa. Si può discutere se tutto il valore aggiunto sia misurabile, forse c’è dell’altro, che ha più valore e non è misurabile. Come diceva Einstein “Non tutto ciò che conta può essere misurato, e tutto ciò che è misurabile può non contare”. 

C’è uno schema tradizionale “command-and-control” che dall’alto è imposto ai dipendenti, che poi vengono tracciati. Adattarsi a questo modello è proprio la più inutile applicazione del modello darwiniano. Però osserviamo che dal basso verso l’alto sta crescendo un movimento chiamato “Enterprise 2.0”. La sua organizzazione è più che gerarchica, poiché si formano interazioni tra i diversi livelli, associazioni trasversali, e nuovi canali di comunicazioni con l’esterno emergono in funzione della libera scelta delle persone. 

In un’economia impregnata da agenti eterogenei, che si disperdono e ricombinano in un momento, si sviluppa il social media dove il mantra è “connect–and-collaborate”. È il comportamento imitativo che vince ed è un ciclo virtuoso.

Twitter: @massimochi

  • Francesco |

    Questo articolo è il concentrato del mio corso su Enterprise 2.0 al Master di Roma 3. Mi sta venendo in mente che la edizione di questo anno, potrebbe iniziare con la sua lettura.

  • Angelo |

    Enessimo articolo critico ed attento alle nuove “direzioni” che la nostra vita sta prendendo, con o senza la nostra partecipazione. Come sempre, a mio avviso, il problema è “umano”; quello che (deve) accadere è che la gente accetti (e sia capace) di cambiare i paradigmi con cui è cresciuta professionalmente. Uno su tutti? “Sapere è potere” (chi se lo ricorda?); ecco, per qualcuno condividere il sapere potrebbe (potenzialmente) voler dire limitare il suo potere ….

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