Nella manovra conta quello che non si può contare

Un vecchio adagio sostiene che una catena è formata da un insieme di anelli e la sua forza è determinata dalla resistenza di quello più debole. Rafforzare quest’ultimo è una priorità e porta i migliori benefici. Se una catena è formata da anelli, una società è fatta da persone, forti e deboli.

È dalla fine dell’800, con Otto von Bismarck, che il mondo occidentale ha messo in piedi una serie d’iniziative pubbliche a supporto degli strati sociali più deboli.

Nel dopoguerra si è deciso di configurare un diritto costituzionale al lavoro e all’uguaglianza e, conseguentemente, sono nate le istituzioni e i Ministeri (termine che in origine, secondo il vocabolario Treccani, significava “servizio”).

Questi ministeri sono sopravvissuti finora a una duplice aggressione:

– interna, per via della crescente corruzione della burocrazia

– esterna, per l’ideologia liberista che ne prevede la soppressione o quantomeno l’inutilità.

Il pendìo riduzionista che abbiamo intrapreso ci vuole portare laddove ci sono meno regole, meno Stato e quindi, in futuro, meno tasse. È una strada alquanto scivolosa perché tutto ciò si concretizza, oggi, in tagli ai servizi sociali. È allora un miracolo che questo barlume di welfare sia ancora tra noi e per noi. Non si è fatto nulla contro l’inefficienza e la degenerazione ha creato una distorsione degli incentivi (aspirare a una pensione d’invalidità piuttosto che cercare attivamente un lavoro). Con il passare dei decenni la società è cambiata e così anche le sfide che essa deve affrontare, ma quelle iniziative pubbliche restano ancora valide e vanno difese. È inaudito additare la presenza di queste strutture come causa dei debiti odierni.

Dobbiamo però sempre conciliare l’intervento dello Stato con la più classica delle regole economiche: nulla è sostenibile se i costi superano le entrate, poiché da qui in poi rimane solo il tempo dell’azzeramento del capitale, il fallimento.

C’è una via d’uscita? Sì, se si riesce a tagliare le spese (o a indebitarsi) è possibile “allungare” il tempo di sopravvivenza. Ma solo se nel frattempo si aumentano le entrate con il recupero dell’evasione, con la crescita o con entrambi. Ritoccare verso l’alto solo l’aliquota delle tasse per la -ben conosciuta- base imponibile invece di allargare il numero dei contribuenti è solo un doloroso accanimento terapeutico.

Sul lato della crescita, bisogna far ripartire il consumo da parte delle famiglie e lo stesso devono fare le imprese investendo in Italia per creare occupazione e per conquistare mercati esteri. Obiettivi difficilissimi da realizzare, ma le crescite più durature si sono viste quando i mercati hanno avuto più supporto statale, non meno. Il problema è che chi riesce ad ottenere l’aiuto dello Stato non si ferma e cerca di corromperne il sistema, facendo aumentare in questo modo gli esclusi.

Ciò che conta in economia è quello che non si può contare, concetti come la legalità (lotta contro la corruzione e burocrazia) e la credibilità (per ottenere finanziamento del debito). Pertanto dovremmo sostenere tali valori con tutte le nostre forze. Altrimenti saranno sempre più probabili lotte tra fazioni dovute a un miope calcolo elettorale, che porteranno forse qualche vantaggio per i vincitori, ma il default assicurato per tutti.