Il momento dell’imbarco fu indimenticabile. Canzoni studiate per l’occasione, poi le musiche e il tam tam quotidiano, la discesa (in campo) era di fatto una valanga mediatica. Sembrava di vivere un viaggio da sogno. Poi le cose sono cambiate.
Ora il nostro comandante è alla guida di un aereo che non risponde ai comandi; lui pensa che sia stato dirottato, ma non capisce da chi e perché. Il suo mandato non è raggiungere una destinazione ma una data, il 2013.
La porta della cabina di pilotaggio è sempre chiusa, si apre solo per troppe hostess e loschi figuri. Sempre più passeggeri rumoreggiano per le ripetute turbolenze, vorrebbero parlare con il comandante ma non ci riescono, anche perché è ben protetto dalla classe business composta dai suoi sodali. Il sodalizio si basa su un reciproco sfruttamento: sempre più ampi spazi di potere, a detrimento degli altri, pur di non svelargli la realtà. Un esempio è la loro quotidiana attività di spegnere le spie, bypassare gli allarmi, tutto pur di non farci sapere che finiremo il carburante prima della destinazione.
Le comunicazioni ufficiali che ci arrivano sono poche e sempre dello stesso tenore: il comandante sa quello che fa, e promette che a breve riprenderemo quota. Se c’è un colpevole quello è il vento in opposizione, che è fatto solo di aria. L’aria in opposizione? In effetti l’opposizione è fatta solo d’inconsistenti folate di aria calda.
Purtroppo non abbiamo fiducia neanche nel copilota, più malandato di lui. La sua scarsa istruzione non riesce ad andare oltre l’unica idea: separare una parte dell’aereo, mentre è in volo, è lasciar cadere tutto il resto che considera zavorra.
L’unica chiara fonte d’informazione che riusciamo a sentire senza mediazioni è l’autorità di controllo. Essa insiste nel rispetto delle regole internazionali, poiché teme che quest’aereo si schianti sui loro possedimenti e che possa far danni devastanti, ben oltre i confini nazionali. Dato che aumenta il rischio (spread), le autorità avvertono il pericolo del crash (default), quindi richiedono sempre più la manutenzione (dei conti).
Nel frattempo, lui sta perdendo l’unica arte, l’unica forza che sapeva controllare: la portanza. (La portanza è quella forza che sostiene un aereo quando è in volo.)
Qui si tratta della portanza mediatica. Nel passato, quando la velocità (crescita) diminuiva, sapeva compensarla con l’aumento della spinta (pubblicitaria). Era un vero mago, il migliore di tutti. Ma adesso l’aereo perde quota (consenso). Privato di tale forza non è capace di orientarsi nella realtà.
Manda ancora su tutti gli schermi lo stesso messaggio ottimistico, il fine è sempre quello di distrarci, ma il tempo che gli dedichiamo è sempre meno perché ognuno pian piano s’incomincia a costruire la propria dieta mediatica, già troppo ricca d’informazioni e d’altro canto scarsa d’attenzione. Il tempo che ci resta per lui è finito, e poi non gli crediamo più.
Intanto la sua mente è altrove, gli occorre una terapia di riorientamento nella realtà.