Nove connessioni e un mezzo

Le strade per i cavalli e poi i canali per le navi. Seguirono i binari per i treni a vapore. Un gran balzo con l’elettrificazione ma ancora non ci bastava solo un avvicinamento dei corpi, volevamo anche collegare le nostre menti. E allora il telefono e la televisione; alla fine ecco Internet. 

Dalla prospettiva della gestione d’impresa, questi fattori hanno facilitato lo sbriciolamento della filiera, la cosiddetta supply chain, per renderla più efficiente e per atomizzare il lavoro di ogni singolo lavoratore del pianeta, ovunque esso si trovi. Da grandi strutture verticali interne e con vari livelli di management a strutture orizzontali molto più snelle e meno inclini ai problemi bloccanti. È il principio che accompagna Internet fin dalla nascita: la resilienza della rete, la quale deve sopravvivere al fallimento di uno o più nodi. In questo senso la scienza delle reti e la sua gestione diventa davvero un vantaggio competitivo, spesso non facilmente replicabile. È l’impresa a rete (per chi sa crearla) quella che domina nell’economia della conoscenza. 

Parafrasando il concetto che la rete conta più del computer, possiamo affermare che la filiera dell’azienda conta più dell’azienda.

Allora l’offshoring (soprattutto) e l’outsourcing progrediranno poiché è un modo per aumentare la produttività. Ciò significa che non è più uno Stato che compete, ma più di tutti sono le persone che oggi sono sottoposte alla più forte competizione globale. L’offerta di lavoro è mondiale, quindi il pericolo è reale per un lavoratore che offre il suo tempo per un salario insufficiente. È l’arte della competitività: migliorare la qualità, aumentare la quantità e tenere i costi bassi. Tanto basso che potrebbe non interessare agli occidentali.

Altro grande problema è la perdita di senso: fare ripetutamente un’attività manuale non dà alcuna motivazione al lavoratore, né senso di appartenenza di quest’ultimo all’impresa. L’economia occidentale si sta trasformando dal lavorare materie prime al trattare informazioni. L’economista Brian Arthur afferma che in questo caso i ritorni sono crescenti, cioè i costi unitari di produzione non aumentano con la scala, però resta da capire chi riuscirà nel lungo periodo a trattenere un buon dividendo.

Già Adam Smith si preoccupava della salute degli operai della fabbrica degli spilli, dove lui aveva suddiviso le operazioni in 18 microattività. Era il 1776, figuriamoci ora con queste tecnologie. Si tratta in particolare di tecnologie di connessione tra le persone che, usandole, cambiano il loro modo di comportarsi e, se usate con consapevolezza, non sono per nulla spersonalizzanti.

In un’economia così interdipendente e frammentata da tanta divisione del lavoro per via della specializzazione – anche nel marketing sociale – non c’è cosa che conti di più della relazione. Le imprese di successo sanno essere le più efficienti nell'uso della tecnologia che possiedono e le più efficaci nelle relazioni.

Non è un lavoro facile, ma gli obiettivi per le persone sono ora identici a quelli dell’impresa: conoscenza e connessioni in rete.

Twitter:@massimochi

  • Angelo |

    Bell’articolo Max.Cedo che in realtà, iper-sintetizzando il concetto, resta “la conoscenza” in senso lato e, da sempre, è un differenziante. Conoscere chi, cosa, come emagari anche perchè: dalle battaglie militari all’impresa globale cambia “la minetsra” (ossia il contesto) ma gli ingredienti (ossia il contenuto) di qualità son sempre gli stessi.

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