Il futuro è nella tecnologia, ibrida

3-8-6, 4-8-6, 5-8-6. La CPU,
il cuore di silicio che ospita l’unità di calcolo, diventa sempre più
performante; non solo per l’aumento della sua frequenza ma per la capacità di
accogliere più unità di calcolo (core) nel suo interno.

Se
nel futuro la legge di Moore confermerà il suo trend esponenziale, allora vorrà
dire che assisteremo a uno smisurato aumento della potenza elaborativa. Oggi tutte
le unità di calcolo sono identiche ma se vogliamo domani scalare in potenza, esse
dovranno differenziarsi e lavorare in parallelo, così come avviene nelle aree
del nostro cervello.

Ogni
neurone, infatti, è diverso dagli altri e ogni regione è ottimizzata per il suo
specifico compito.

Ciò
richiede che la tecnologia compia una trasformazione qualitativa. Con la
specializzazione delle unità di calcolo qualsiasi richiesta applicativa troverà
una risorsa ottimizzata per l’elaborazione nel modo più efficiente possibile. Questa
è un’ottima promessa per garantirci un’accelerazione del processo di calcolo.

Un
antipasto lo stiamo già per gustare con le autovetture ibride. Il rendimento
sempre più efficiente dei motori elettrici, a idrogeno, a celle a combustibile ci
darà più possibilità. Nel senso che questa crescente abbondanza ci consentirà di
personalizzare e riconfigurare dinamicamente le risorse per i più diversi
criteri d’uso.

Ma
l’esempio più entusiasmante è con le persone. L’ibrido diventa più evidente
quando a ibridarsi è l’oggetto con il corpo.

Abbiamo
iniziato da molto tempo a usare la tecnologia per le nostre mancanze fisiche.
Pensiamo alle protesi ed estensioni sensoriali: occhiali e apparecchi acustici
ad esempio. Di rilievo anche i dispositivi di memorizzazione, assolutamente
indispensabili per archiviare ciò che la nostra memoria, per restare sempre
efficiente, non può contenere. Il tutto è accelerato dall’attuale processo di
separazione tra l’oggetto fisico, come l’e-reader, e le informazioni contenute
in esso; ciò provoca la diffusione all’infinito di quest’ultime.

Quando
riusciremo a indossare gli odierni tablet con le loro multiple funzioni potremo
dire che l’ibrido diventerà realtà.

A
oggi abbiamo appena delegato alle macchine solo il calcolo puro, per ottenere
un aumento sia della velocità sia della precisione del calcolo stesso. Lo
facciamo per ottenere molto di più nella stessa unità di tempo che è misurata
dall’orologio, ma non regolata da esso. Se il tempo aumenterà in funzione dell’incremento
della velocità del pensiero, questo è un tempo soggettivo che si libera grazie
all’uso di elementi specializzati e quindi più veloci.

Il
tempo che viviamo è determinato dalla velocità del nostro pensiero: se
pensassimo a velocità doppia faremmo il doppio delle cose, “vivremmo” il
doppio. L’inventore e futurologo Ray Kurzweil su questo tema afferma che: “la
velocità della luce è di 300 milioni di metri/sec, quella delle reazioni
chimiche, che sostengono la funzione del pensiero, è di 100 metri/sec
”. Milioni
di volte inferiore.

Non
possiamo quindi incrementare in autonomia la velocità del pensiero o le nostre
prestazioni fisiche oltre un certo livello fisiologico. Ci occorre delegare
all’esterno parte delle nostre funzioni che, lavorando in parallelo, consentano
di trasformare gli oggetti da protesi (per colmare deficit) a scopi funzionali
(per potenziarci).

Il futuro dell’uomo è nella tecnologia, ma prima
passeremo attraverso l’ibrido. Che non è un compromesso.

Twitter: @massimochi


FUTURE
Infographic courtesy of Information Is Beautiful Studio for BBC Future. Homepage image via iStockphotoVallarieE.