4,5 miliardi è l'età della Terra. 200.000 anni dalla comparsa dell’Uomo moderno. Per fortuna l’Homo
Informaticus è comparso solo 50 anni fa, altrimenti
avrebbe potuto causare più danni.
La visione della
maggior parte degli informatici è determinista: date le
condizioni iniziali, tutto quel che accadrà in futuro è predeterminato in modo
univoco dal codice che si crea. In realtà man mano che la tecnologia informatica
diventa più complessa e pervasiva si trasforma in un ecosistema di rete che non
rispetta solo vincoli fisici e meccanici, ma anche naturali. Se ne è parlato allo State of the Net, e Luca ne evidenzia un aspetto.
Nella rete i nodi
non sono macchine ma organi di un sistema selezionati nel tempo con tutte le
loro differenze, e lo abbiamo imparato da Darwin in poi. Ogni nodo comunica
con l’altro e funziona pur essendo dotato di computer con differenti velocità,
dimensioni e tecnologie prodotte da un numero altissimo di
aziende. Più che creata, la rete si è evoluta pezzo per pezzo e finora non abbiamo avuto interruzioni nello scambio delle
informazioni. Ciò ha funzionato perché solo il protocollo di comunicazione tra i nodi è soggetto a standard, non la natura del nodo.
Invece molti
informatici, accecati dall’ideale della standardizzazione, rischiano di creare
un sistema resistente ai guasti ma tragicamente fragile agli attacchi – per
dirla alla A. L.
Barabàsi – le cui conseguenze sono imprevedibili, dato che
anche il singolo oggetto hardware (cpu, schede, dischi) contiene codice di
programmazione, per definizione non esente dai bachi da sfruttare
per l’attacco.
E' normale che un codice
malevolo cerchi di connettersi con tutti, ma se troverà gli stessi
elementi da infettare (con DNA identico) scatenerà una pandemia.
Se un codice può girare dappertutto allora vuol dire che non parliamo più solo
di tecnologia ma anche di ecologia. Un ecosistema
segue principi sia biologici (la diversità) sia ecologici (l’evoluzione), pertanto
non dovremmo inseguire il modello di tutti i prodotti con lo stesso set di
istruzioni, ma solo una comunicazione standard e se possibile
anche una gestione.
L’uniformità non è
ecologica, non è mai sopravvissuta ai disastri, è la bio-diversità che ci ha
consentito l’evoluzione. La variabilità degli elementi è la migliore garanzia
di sopravvivenza contro gli agenti patogeni imprevisti. La natura non
ricerca il più basso costo o lo standard, ma l’adattamento: è un paradosso, ma
più si è uguali e meno ci si adatta (a evolversi).
Speriamo che gli
informatici siano “illuminati”, non solo dallo schermo di fronte a loro, ma dalla
storia della Terra.
Twitter: @massimochi