Corro a prendere il treno per tornare a casa, il Festival è stato bellissimo e sfiancante. Trovo uno scompartimento libero, mi siedo e finalmente mi rilasso leggendo qualcosa.
A una fermata salgono decine di persone e la donna che si siede accanto mi chiede se poteva parlare con i suoi compagni senza dare fastidio.
Fastidio? Le dico di no, certo, si figuri. Però penso sia una scocciatura.
Ma il fatto che chiedeva il permesso mi suonava strano, e ho fatto più
attenzione.
Infatti era una ivoriana che raccontava con una tale gioia il suo sbarco in Italia e il suo lavoro da cameriera che passava sopra con leggerezza su tutti i soprusi e sfruttamenti che aveva sofferto, di cui appena accennava.
L'eloquio era irresistibile, a bassa voce e in un buon italiano mostrava tutta la sua determinazione per la voglia di vita e di lavoro.
Insomma non riuscivo più a concentrarmi sulle mie cose.
Rimarcava che i suoi ostacoli più grandi erano le pratiche per il
permesso di soggiorno. Non riusciva mai ad averlo per più di qualche
semestre. E ogni volta per non temere di ricadere nel baratro, cioè l'espulsione, si tuffava ancora di più nel lavoro senza combinare guai. Come deve fare una brava ragazza, nera e immigrata che deve mantenere la sua bambina.
Storie normali direte voi, ma quando l'altro anno le hanno consegnato il permesso di soggiorno con la dicitura "illimitato" non riusciva a trattenere le lacrime. E neanche noi.
Qualche volta è meglio sentire, per leggere ci sarà tempo quando si è soli.
Ora è diventata imprenditrice, dà lavoro ed è felice.
Appena prima di scendere dal treno l'ho ringraziata per quello che ha fatto per l'Italia.
PS. La scelta del ministro, per la prima volta nera nell'Italia di oggi, non è una coincidenza.
Twitter: @massimochi