Dodici anni di
viaggio e ancora non ci siamo allontanati dalle coste del Novecento. La
velocità degli avvenimenti sta aumentando, ma non abbiamo ancora perso i vecchi
abiti mentali e gli insostenibili stili di vita.
Di fronte abbiamo
il mare aperto e terre da esplorare, il vento della globalizzazione spira forte
ma la mancanza di coraggio non ci fa scegliere quale direzione intraprendere. Sappiamo solo che al
progresso della tecnologia corrisponde uno spaesamento di molte persone che non
riescono a capire qual è il loro compito nel nuovo mondo e sono disoccupate.
Restano invece molto occupate, come un relitto inaffondabile, le vecchie
oligarchie per proteggere i propri interessi che scambiano per diritti. Hanno una forza
naturale dalla loro parte, la demografia, che conta sempre di più man mano che
cresce il numero degli anziani. Chi tra questi è abbarbicato al timone mantiene
la vecchia direzione, navigando a vista, senza allontanarsi dai luoghi e dai
modi a loro noti.
Nel frattempo i
motori, ossia la tecnologia e la globalizzazione, sono inarrestabili, anche se i
più giovani sono relegati in sala macchine, con poco potere e scarso coraggio. Lo scontro tra chi
governa la nave ma non vuole allontanarsi e chi ha la forza e vorrebbe cambiare
direzione si avvicina. La
responsabilità allora è divisa in due, e gli ordini non si vogliono più
rispettare. Il command and control ha perso efficacia, e non si vede
ancora un regime alternativo. L’obbedienza è una virtù in un ambiente
gerarchico, una debolezza sistemica in una rete. E allora ci si abbandona all’inerzia,
la forza più potente.
In
questa traversata purtroppo la maggioranza vede molti rischi, pochissimi vedono
opportunità. Abbiamo bisogno di un
innovatore, cioè colui che sperimenta e sfida le differenza tra le conoscenze,
attuali e future. Egli deve essere dotato di persuasione e resistenza contro tutte
le avversità. Non è alla portata di tutti spostarsi dall'as-is al to-be
e creare un nuovo equilibrio. L’innovatore sfida lo status quo, il conservatore
invece si aggrappa a quel poco che conosce di un modello passato, pensa che
debba essere ancora approfondito e non si occupa del futuro.
Dalle
peripezie e dalla perseveranza di Colombo nel lottare contro tutte le vecchie
convinzioni a oggi è cambiato poco. Appena toccata la
costa americana abbiamo iniziato a chiamare l’Europa il “Vecchio continente”. Come
sempre, solo il coraggio allarga gli orizzonti, pertanto auguriamoci di riprendere
il mare aperto e trovare una nuova sponda.
Mark
Twain diceva che “La storia non si ripete, ma spesso fa rima”.
Twitter: @massimochi