Alla fine della
prima c’era una grande speranza. Nel ’94 erano in tanti quelli che ci credevano
e tutti ci siamo cascati, poi non è stato fatto nulla. A ogni “fine
Repubblica” c’è sempre l’attesa che con la prossima – basta aggiungere un
numero ordinale: prima, seconda, etc. – la politica di questo Paese possa
davvero cambiare.
Giusto un anno fa l’Italia viaggiava verso gli
scogli allegramente, almeno a quanto emergeva dalla cabina di pilotaggio, e il
comandante era occupato a fare altro e a nascondere la realtà, che forse
neanche lui percepiva. La conferenza stampa di ieri, Domenica 27, conferma che più
che un viaggio qui siamo in un circolo. È cambiato il comandante che virando
all’ultimo istante (c’è chi dice a destra, chi a sinistra) comunque ha evitato
l’impatto. Però molti viaggiatori della terza classe stanno sempre peggio,
anche gran parte della seconda è con l’acqua alla gola.
È stata una
manovra solo di timone, poiché il motore è fermo da troppi anni. Noi e i nostri
vicini dobbiamo far ripartire questo motore, riguadagnare velocità in questo
mare del Sud mediterraneo sempre più in tempesta.
La sfera
economica, vero dominus qui da noi, controlla la politica, la quale a
sua volta influenza i media tradizionali che sono l’argine costruito
appositamente per tenere tutti all’interno. Per fortuna
l’anello dei media sta cedendo autonomamente, perde la sua tenuta, infatti la
comunicazione cede il passo all’informazione tra i cittadini per mezzo di Internet.
Resta, sempre più
precario e invecchiato, il potere politico che nelle sue debolezze ricorre al supporto strumentale di un’entità superiore, l’Europa, che sarà per forza di cose imperfetta. Di certo l’imperfezione è meglio
di niente, poiché un errore di questa ha un costo socio-economico molto più basso
rispetto alla sua assenza. Basti pensare che forse è l’unica protezione del
singolo contro monopoli, abusi e status quo.
Eppure già Montesquieu
ci ha aperto gli occhi sulla distinzione dei poteri, tra l'esecutivo e il
legislativo e quello giudiziario. L'insegnamento è stato che è meglio dividerli
per far in modo che nessuno prevalga, e che un potere fa da argine
all’altro perché solo così possiamo garantirci la vita democratica. Però non abbiamo
posto la dovuta attenzione ad altri ben più potenti poteri.
Prendiamo ad
esempio l’annosa questione degli ordini professionali, da sempre vogliono
proteggersi dal mercato, chiedendo non prezzi liberi, ma le tariffe minime e
bloccate. È evidente che tutti a parole desiderano abolirli, in realtà è il
meccanismo con cui chi invoca a parole il mercato in realtà favorisce l’assenza,
così “controlla” la politica. Con il governo dei
tecnici questi fili non sono stati per nulla toccati.
Quindi molti nodi
non si sciolgono, occorre più volontà ed energia, ma l’agenda politica non la
stabiliscono i cittadini, lo fanno i media. Però essi sono etero-diretti dal vero
cerchio magico che ci gira intorno: i potentati economici che condizionano la
politica e i media.
Intanto (l’in)successo
capitalistico si vede da quanto un sistema è (de)cresciuto; il suo fallimento da
quanto ha separato i ricchi dai poveri.
Riusciremo ad aprire questo Paese al mondo. Non è difficile, siamo
alla fine della seconda e torna la speranza, speriamo anche la voglia di agire.
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@massimochi