Lo startupicidio è un fenomeno che colpisce e uccide le startup in tenera età. Gli esperti come Gianluca Dettori dibattono sulla natura di questa epidemia: è una malattia autoimmune dell’infanzia oppure c'è un Erode che commette gli omicidi?
Quando la realtà (assenza di startup) mostra un comportamento che differisce dal modello di previsione (ce ne dovrebbero essere tante), si dà luogo a due interpretazioni metodologiche:
– tra chi crede che la causa sia interna (i giovani incapaci, poco propensi al rischio, etc.)
– e chi ritiene che la causa sia esterna (ambiente, leggi, infrastrutture).
Come in tutte le realtà dove sono coinvolti il gene e l’ambiente è molto difficile diagnosticare chi ha più influenza sull’altro. Possiamo però dire che non è propriamente un omicidio, ma un suicidio naturale che porta all’estinzione. Studiare i casi di successo di chi ce l’ha fatta è una soluzione parziale: perché bisogna capire bene le cause di cosa ha impedito alle altre di crescere. Se siamo ancora alla ricerca delle vere cause figuriamoci quanto è lontana la ricetta, la medicina che migliori il tasso di sopravvivenza.
Si concepiscono nuove imprese con grande passione e coraggio, subito dopo la nascita però emergono l’incapacità a sostenersi e a crescere. Il mondo è pieno di luoghi dove avviene lo startupicidio, solo alcuni lembi di terra sono esentati. È così difficile avere la forza, avere le idee, e la fortuna dalla propria parte per un’entità che è appena nata che è facile prevederne la morte. Certo nascere in un luogo adatto è già un bel passo avanti. La Silicon Valley è il luogo più citato, ma ci si dimentica di approfondire le ragione del suo successo: le ottime università, un’apertura al business che tollera anche il fallimento, le infrastrutture, ma soprattutto l’immigrazione di talenti. Allora qualcuno inizia a copiare, così come si copia la ricetta per la pizza e la pasta, solo che non si riesce mai a replicare davvero tutto il modello, perché qualche ingrediente costoso viene rimpiazzato con succedanei. Insomma ci si arrangia alla nostra maniera, e i risultati non possono che essere deludenti compromessi.
Invece di fare si preferisce discutere sull’eterno dilemma dell’uovo e della gallina: alcuni affermano che non è colpa dell’incapacità dei giovani o nella mancanza di fiducia nel futuro, ma che l’ecosistema è inospitale per far nascere una startup; altri ribattono che se facciamo il paragone con i distretti italiani, che hanno avuto un discreto successo, vedremo che più che il luogo, le infrastrutture o le leggi sono le persone a essere determinanti.
L’unica cura risiede proprio nel cervello delle persone e nel numero di coloro che si prendono cura delle startup. In particolare chi ha capacità e fiducia nel futuro ha le migliori possibilità di sconfiggere la malattia. Da Adam Smith in poi abbiamo capito che le regole dell’economia non cambiano: la ricchezza delle nazioni è sempre data da quante persone (sul totale) sono impiegate nel lavoro produttivo. Con la perseveranza nella ricerca della cura, creeremo un centro d’eccellenza in Italia che connetta idee, eventi, persone.
La startup è essenzialmente velocità. Lì dove c'è chi parla e non fa, chi aspetta qualcosa o qualcuno, agisce l'Erode che è dentro di noi. L'unica cifra che misurerà il successo della cura sarà il numero delle dimissioni, in gergo, le exit.
Twitter: @massimochi