Gli incentivi e il futuro dell’egoismo

Ogni occasione è buona per far in modo che le persone comprino ciò che altre vogliono vendere, anche a prescindere dalla situazione contingente. Spiacente, è il mercato che funziona così e l’evento del terremoto in Emilia Romagna l’ha dimostrato. Lì sono emersi dei comportamenti equivoci, da parte di banche o di società di turismo, che poi in un modo o nell’altro hanno cercato di coprire.

Ognuno di noi è mosso da bisogni e rispondiamo agli incentivi. Ci sono tre ordini di incentivi rappresentati in figura.

Incentivi2

In teoria, chi danneggia la nostra società dovrebbe essere punito attraverso l’esclusione, l’isolamento, che in economia significa il fallimento, cioè chiudere i conti con tali soggetti.

In pratica però le banche, o le aziende in generale, devono rispondere ai loro azionisti. C’è quindi una catena che lega, o meglio vincola, il comportamento da tenere, anche nelle situazioni di crisi: chi si permette di rinunciare al fatturato, o solo di posticiparlo, non avrà una lunga vita professionale in quell'azienda.

Inoltre, i clienti dovrebbero abbandonare il servizio corrente e cercare un’alternativa meno costosa. Questo sforzo, ossia l'attività di scouting e trasferimento, è oneroso. È allora improbabile che una massa di persone agisca solo per motivi morali. 

Oggi con la rete la situazione è migliorata, purtroppo non risolta. Prima pochi erano a conoscenza di tali comportamenti, ora l’informazione è molto più diffusa. Certo, passare all’azione è ancora prematuro: non abbiamo attivato gli strumenti in modo efficiente e coinvolgente. La class action interviene, seppur tra mille difficoltà, sulle controversie di carattere economico, quasi mai di natura sociale o morale. 

Prima dimenticavamo più facilmente, ora l’informazione è più persistente, possiamo ricercarla negli archivi su ciò che è accaduto nel passato (con la carta e con la televisione non si poteva fare). Tutte queste informazioni sono la benzina che alimenta i motori (cervelli) dei consumatori, sfortunatamente ancora non esiste la catena di trasmissione –sincronizzata con gli altri- per agire insieme. L'egoismo ha effetti immediati, gli altri incentivi si manifestano nel futuro con tempi più lunghi. 

L’esempio classico è il fatto che noi stimiamo un brand per la sua grandezza e non per come l'ha ottenuta. Certifichiamo la differenza tra le parole e le azioni con i “Like”, il vertice della nostra pigrizia.

C’è infine chi menziona la CSR (Corporate Social Responsibility), ossia un velo che dovrebbe avvolgere l’impresa e darle una parvenza di sensibilità sociale per come opera. Esiste una letteratura sconfinata sull’argomento, ma la sintesi è che purtroppo quelle politiche sono vacue, e non riescono a mascherare il vero spirito di quelle imprese, che continuano a fare business con le stesse modalità di sempre. 

Non scarichiamo il problema solo sugli altri: anch’io come consumatore non cambio atteggiamento qualora una corporation applichi o meno le politiche di CSR; continuo a fermarmi all’incentivo del primo ordine, quello economico. 

Twitter:@massimochi