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L’Occidente ha colto l’occasione del Rinascimento per uscire dal mondo feudale e far esprimere a ognuno la propria individualità. Ha percorso così per lunghi secoli una strada che l’ha portato alla costruzione alla fine del ‘900 una nuova rete tra le persone, per riagganciarsi con gli altri. C’era però una regola economica che si era fatta sempre più stringente: competere ad ogni costo. Un tempo, sconfitto il concorrente, si dominavano i mercati e i clienti. Oggi, poiché questa parte di mondo è devastata dalla crisi, non basta più: bisogna anche cooperare ad ogni costo con clienti, partner e fornitori. Adesso non si vince se non hai prima i clienti dalla propria parte. E per far questo bisogna averli trattati da pari.
Ciò avviene anche in rete, questa meraviglia che ci troviamo tra le mani per merito del comportamento e delle azioni di tutti. Non è nata grazie a uno sponsor che ha investito il capitale o all’idea di un politico, o a una figura carismatica che l’ha resa di moda; niente di tutto questo. La relazione reciproca è nella natura della rete ma, dato che è fatta di persone, ciò significa che è sempre minacciata da ipotesi di muri virtuali come i “walled garden”, ostacoli tecno-economici artificiali come la “non neutralità” della rete. Se la rete è “una dimensione dell’esistenza” (cit. Stefano Quintarelli) allora è una società civile se ciascuno può usufruirne in funzione delle proprie necessità. Se si è esclusi per incapacità o per dotazioni iniziali non è una società civile.
L’interazione tra tecnologia e economia non cambia: all’inizio c’è sempre la ricerca dell’efficienza. Questa si raggiunge puntando alla riduzione dei capitali da impiegare (macchine) e alla migliore automazione (meno lavoro). Ma la finanza spinge sempre sull’acceleratore per far leva sulle differenze e così il nostro sviluppo si è drogato; l’ha reso avulso dalla realtà e dai limiti naturali che la natura c’impone.
Partendo dall’uso più efficiente delle risorse, dopo tutti questi secoli, siamo arrivati a livelli insostenibili di spread (inteso come differenza tra l’impronta ecologica e la sostenibilità ambientale). Per fortuna la foto ci ricorda che siamo soggetti soltanto all’ecologia, che è quella particolare scienza che studiamo senza mai applicarla.
Twitter: @massimochi